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1 Mar 2009
Il bambino e le stelle marine
Una tempesta terribile si abbatté sul mare. Lame affilate di vento gelido trafiggevano l’acqua e la sollevavano in ondate gigantesche che si abbattevano sulla spiaggia: Le bestiole sul fondo, i crostacei, i piccoli molluschi venivano scaraventati a decine di metri sulla riva del mare. Quando la tempesta passò, l’acqua si placò e si ritirò… Ora la spiaggia era una distesa di fango, in cui si contorcevano nell’agonia migliaia e migliaia di stelle marine. Erano tante che la spiaggia sembrava colorata di rosa. Il fenomeno richiamò molta gente da tutte le parti della costa. Arrivarono anche delle troupe televisive per filmare lo strano fenomeno. Le stelle marine erano quasi immobili.
Stavano morendo. Tra la gente, tenuto per mano dal papà, c’era anche un bambino, che fissava con gli occhi pieni di tristezza le piccole stelle marine. Tutti stavano a guardare e nessuno faceva niente. All’improvviso, il bambino lasciò la mano del papà, si tolse le scarpe e corse sulla spiaggia. Si chinò, raccolse con le piccole mani tre piccole stelle marine e, sempre correndo, le porto nell’acqua. Poi tornò indietro e ripeté l’operazione. Dalla balaustra di cemento, un uomo lo chiamò. “Ma che fai, ragazzino?” “ Ributto in mare le stelle marine. Altrimenti muoiono tutte sulla spiaggia”. “ Ma ci sono migliaia di stelle marine su questa spiaggia: non puoi certo salvare tutte. Sono troppe! E questo succede su centinaia di altre spiagge! Non puoi cambiare le cose ! Il bambino sorrise, si chinò a raccogliere un’altra stella di mare e gettandola in acqua rispose: “ Ho cambiato le cose per questa qui ”. L’uomo rimase un attimo in silenzio, poi si chinò, si tolse scarpe e calze e scese in spiaggia. Cominciò a raccogliere stelle marine e a buttarle in acqua. Un istante dopo scesero due ragazze. Ed erano in quattro a buttare stelle marine in acqua. Qualche minuto dopo erano cinquanta. Poi cento, duecento, migliaia di persone che buttavano stelle marine nell’acqua. Così furono salvate tutte.
 
Generale
postato da  Claudio Maffei alle  12:05 | aggiungi commento | commenti presenti [0]



22 Feb 2009
Think different
Think different è uno slogan creato dall'agenzia TBWA per Apple Computer alla fine degli anni '90. In una recente intervista l’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne loda la Apple per l’insieme di valori e di cose eleganti e coerenti che essa è riuscita a creare e ben rappresentati dallo slogan Think different.
Come è possibile che due semplici parole possano generare tanta emozione e tanto fervore nei dibattiti?


Per cercare di capire ciò, spendiamo un attimo per riflettere su che cosa è uno slogan. Qualunque sia il suo ambito (politico, pubblicitario, commerciale ecc.) uno slogan è una frase che sintetizza nel modo più rapido possibile un concetto molto ampio ed articolato, che richiederebbe una esposizione troppo lunga per poter essere comunicato nei tempi messi a sua disposizione ed in cui esso vive. Lo slogan, quindi, per risolvere il problema, cerca solo di indicare i principi primi del messaggio, i concetti essenziali: è la freccia che indica la strada che dovrà poi essere percorsa da chi riceve il messaggio. La sua forza espressiva risiede proprio in questo affidarsi all’ascoltatore in quanto l’individuo, percorrendo “da solo” la strada indicata, interiorizza il messaggio e lo ricorda più efficacemente. In tal senso il meccanismo ricorda molto quei reportage fotografici in cui dei semplici fotogrammi riescono a descrivere in maniera straordinaria una data situazione sfruttando proprio il potere evocativo che le immagini fanno emergere dall’interno dell’osservatore stesso. Il successo di uno slogan, quindi, risiede proprio nell’intensità emozionale che riesce a creare nelle persone e nella sua capacità di trasmettere loro una giusta informazione, come è stato nella maggior parte dei casi per Think different.

In realtà il Think different vuole trasmettere un invito ad affrontare la vita pensando con la propria testa, promuove una filosofia per la quale il pensiero di ogni uomo ha pari dignità e da cui discende un etica in contrasto con il luogo comune, con l’opinione preconfezionata, con la massificazione.
L’innovazione ed il progresso, quindi, passano attraverso uomini grandi, spesso giudicati dai contemporanei pazzi, anticonformisti, rivoluzionari, uomini che comunque hanno avuto il coraggio di seguire la propria testa, di pensare ed agire in modo differente dagli altri
Democrazia e libertà, uguaglianza e umanesimo, velocità, semplicità e bellezza sono tutti i principi su cui, da sempre, si fonda la filosofia di questo marchio e sono quelli che il Think different vuole trasmettere. Steve Jobs, che è l’anima della Apple, ha sempre creduto in questi valori e nella forza creatrice che è insita in ogni uomo. Egli ha impiegato la sua vita a cercare di liberare tale forza, di facilitarla affinché l’umanità potesse trovare nel computer uno strumento amico, un alleato nel suo percorso naturale verso la conoscenza ed il progresso.
Voglio concludere citando il testo di una campagna pubblicitaria che apparve sul sito web Apple subito dopo la morte della pioniera dei diritti civili Rosa Parks (1913-2005) il 24 ottobre 2005 in cui si ripresentò brevemente l’headline Think different all’interno di un filmato in bianco e nero. Il testo, recitato in Italiano da Dario Fo diceva:

“Questo film lo dedichiamo ai folli, agli anticonformisti, ai ribelli, ai piantagrane, a tutti coloro che vedono le cose in modo diverso. Costoro non amano le regole, specie i regolamenti e non hanno alcun rispetto per lo status quo. Potete citarli, essere in disaccordo con loro; potete glorificarli o denigrarli ma l’unica cosa che non potrete mai fare è ignorarli, perchè riescono a cambiare le cose, perchè fanno progredire l’umanità. E mentre qualcuno potrebbe definirli folli noi ne vediamo il genio; perchè solo coloro che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo lo cambiano davvero”.
 
Generale
postato da  Claudio Maffei alle  17:41 | aggiungi commento | commenti presenti [0]



11 Feb 2009
Robert Kennedy: Università del Kansas 18/03/1968
"Perchè è questa la verità. Tutto corre in avanti, in una gara al massacro, dove perde chi si stacca dal gruppo. Le persone si danno un gran da fare per superarsi l'una con l'altra. I valori, quelli veri, della famiglia, dell'onore, dell'amicizia, della tolleranza e del rispetto degli altri sono candeline che ogni giorno si spengono sempre di più. Un altro valore, quello della competizione, è diventato un virus letale, una miscela esplosiva fatta di arrivismo, egoismo, menefreghismo e superficialità. E' un contagio che ha colpito i singoli e la collettività. Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del prodotto interno lordo (PIL).Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani".
 
Generale
postato da  Claudio Maffei alle  09:53 | aggiungi commento | commenti presenti [0]



1 Feb 2009
Abbiamo scelto la speranza
Meglio di ogni parola sono le centinaia di foto di cittadini in lacrime a descrivere le emozioni trasmesse da Obama.
“Abbiamo scelto la speranza rispetto alla paura”. Il 44° presidente degli Stati Uniti indica da subito la via perché “siamo uguali, tutti siamo liberi e tutti meritiamo una possibilità di perseguire la felicità in tutta la sua pienezza”.
Non sono semplici proclami. Il suo discorso è intessuto di orgoglio nazionale, ma anche di una grande apertura alle novità.
“Quel che i cinici non riescono a capire è che il terreno gli è scivolato sotto i piedi”, afferma con forza Obama. “L'America è amica di ogni nazione e di ogni uomo, donna e bambino che sia alla ricerca di un futuro di pace e dignità, e che noi siamo pronti ad aprire la strada ancora una volta”. Parole per chiudere definitivamente con ogni sentimento antiamericano, “l'America deve giocare il suo ruolo nel far entrare il mondo in una nuova era di pace”. Parole di distensione verso il mondo musulmano, verso le popolazioni più povere. Non è con la forza che si vincono le battaglie e Obama lo afferma in diversi passaggi del suo discorso.
E non rinuncia a tracciare alcune linee anche in materia economica e ambientale. “Imbriglieremo il sole e i venti e il suolo per alimentare le nostre auto e mandare avanti le nostre fabbriche.
E trasformeremo le nostre scuole, i college e le università per venire incontro alle esigenze dei tempi nuovi. Possiamo farcela. E lo faremo”.
Si gioca poi tutto il suo carisma verso la fine del discorso quando il pragmatismo si lega alla poesia, alle emozioni che ne fanno davvero un grande leader.
“Per tanto che un governo possa e debba fare, alla fine è sulla fede e la determinazione del popolo americano che questa nazione si fonda. E' la gentilezza nell'accogliere uno straniero quando gli argini si rompono, la generosità dei lavoratori che preferiscono tagliare il proprio orario di lavoro piuttosto che vedere un amico perdere il posto, che ci hanno guidato nei nostri momenti più oscuri. E' il coraggio dei vigili del fuoco nel precipitarsi in una scala invasa dal fumo, ma anche la volontà di un genitore di nutrire il proprio figlio, che alla fine decidono del nostro destino”.
A Washington c'era un oceano di persone. Due, forse tre milioni. Ma molti altri milioni di persone, in tutto il mondo, erano incollate ai televisori, alle radio, ai siti web per vivere le emozioni di una giornata storica. E Barack Obama non li ha delusi. Con equilibrio, ma grande coraggio ha indicato loro nuovi sentieri. Per l'Occidente e il mondo intero da oggi si può voltare pagina
 
Generale
postato da  Claudio Maffei alle  11:08 | aggiungi commento | commenti presenti [0]



22 Gen 2009
Fabrizio De Andrè Genova 1940-Milano 1999
Come qualche amico sa, io volevo fare il cantautore.
Ci ho anche provato e, per un po’, ci sono riuscito contro tutti
e tutto.
Sono stato quello che si può definire un ottimo dilettante.
Le canzoni mi hanno permesso di ricevere applausi, di divertire
gli amici e anche... di far innamorare qualche ragazzina.
Una generazione speciale, la mia, quella che oggi verrebbe
definita la generazione del ’68.
Da quegli anni in poi, la musica ha avuto, per le giovani generazioni,
il ruolo di lingua mondiale, unificando i popoli molto più
della politica o delle religioni.
Giovani di tutte le nazionalità si sono incontrati a Woodstock o
all’Isola di Wight, fraternizzando in due ore come mai sarebbero
riusciti a fare, dibattendo i loro problemi per giorni e giorni.
In quegli anni, sull’onda del pacifismo e dell’amore per gli altri,
la musica era semplicemente comunicare con la gente, soprattutto
quella della nostra età.
E io mi ci sono buttato.
Già nel 1966, a soli 14 anni, partecipai al Festival studentesco
che coinvolse tutte le scuole superiori di Milano.
La totale ignoranza della lingua inglese mi portò, immediatamente,
a interpretare le canzoni dei principali complessi italiani, i
Camaleonti, i Dik Dik, l’Equipe 84, i Giganti. Subito dopo, sfasciati
due o tre complessi per il mio maledetto carattere anarchico e zingaresco,
iniziai a interpretare i cantautori, primo fra tutti Fabrizio De Andrè.
Quante notti sulla spiaggia, quanti fuochi, quante bottiglie di
vino e poi, finalmente un palcoscenico, microfoni, riflettori e... il
pubblico.
Naturalmente facevo tutto ciò solo e unicamente per passione:
"vendere non passava tra i miei rischi", per fare una dotta citazione.
Poi l’illusione è finita, senza rimpianti.
L’altra sera però ho sentito due citazioni tratte da interviste di Fabrizio De Andrè.
Una diceva: “ Una sera Luigi Tenco mi becca in una balera di Genova e mi dice minaccioso:
E’ vero che ti vanti di aver scritto le mie canzoni? E io: Si ma lo faccio solo per portarmi a letto le ragazze.” Mamma mia, a quante ragazzine ho fatto sentire canzoni di De Andrè spacciandole per mie!
La seconda citazione riguarda George Brassens e dice: “Se non fosse esistito George Brassens forse avrei scritto lo stesso canzoni, ma non avrei mai pensato le cose che penso”.
Potrei averla detta io. Naturalmente riguardo a Fabrizio.
Fabrizio rimane per me, più che l'artista che tutti apprezziamo, un uomo di pensiero, di pensiero "forte" in tempi sempre più bui. Nel crollo verticale dell'etica, nel degrado irreversibile della società italiana, le parole di Fabrizio, restano le poche, forse le uniche, a infondere coraggio a chi vive controvento e rivendica un'intelligenza che è sempre meno moneta corrente.

 
Generale
postato da  Claudio Maffei alle  16:18 | aggiungi commento | commenti presenti [0]



14 Gen 2009
9 buoni propositi per un 2009 ruggente!
Le persone sono il centro della nostra attività professionale e come tali devono essere considerate nel nostro lavoro quotidiano.
Quando svolgiamo il nostro fantastico lavoro ma innanzitutto nella vita quotidiana ricordiamoci che:
- gli uomini saggi non dicono tutto quello che pensano: pensano tutto quello che dicono.
- la mente è come un paracadute: funziona solo se si apre.
- per le persone eccellenti il successo è una conseguenza, non un obiettivo!
- la vera scoperta non consiste nel trovare nuovi territori, ma nel vederli con nuovi occhi.
- ciò che spinge gli uomini ad andare avanti è la coscienza profonda che non hanno fatto abbastanza.
- anziché essere spaventati dalle nuove idee dovremmo spaventarci per averne solo di vecchie.
- se vuoi un anno di prosperità fa crescere il grano. Se vuoi dieci anni di prosperità fa crescere gli alberi. Se vuoi cento anni di prosperità fa crescere le persone.
- l’unico posto in cui “successo” viene prima di “sudore” è il dizionario.
- grazie a Dio è lunedì, dovrebbe essere il nostro pensiero ogni nuova settimana di lavoro.
Tanti auguri a tutti per un ruggente 2009!
(da un’idea di Enrico Cogno)
 
Generale
postato da  Claudio Maffei alle  12:29 | aggiungi commento | commenti presenti [0]



23 Dic 2008
250.000! Grazie & auguri a tutti!
A tutti quelli che, nel 2008, hanno letto questo blog.
Da un po’ di giorni stavo pensando a un messaggio di auguri. Per il Natale ma, soprattutto, per il nuovo anno.
Non volevo scrivere cose banali e mi scervellavo alla ricerca dell’originalità.
Poi, domenica, apro questa pagina, leggo un commento e mi scappa l’occhio sul numeratore: il mio blog ha superato la quota di 250.000 visite!
Forse, per qualcuno di voi, questo numero è insignificante. Ma per me che, non sono Beppe Grillo, non sono conosciuto al grande pubblico, e non vado neppure alla televisione…
Beh, fino a poco tempo fa pensare di essere letto da un numero così elevato di persone non mi passava neppure per la testa.
250.000 persone sono gli abitanti di una città come Venezia o un po’ di più di quelli di Verona, Messina, Trieste.
Dal cuore mi è venuto un Grazie. Ecco i miei auguri. Un grazie a tutti voi che mi avete letto.
Un grazie perché avete dato il mio stesso valore a una parola, a uno sguardo, a un sorriso.
Un grazie a chi è passato di qui, anche per caso, e ha trovato qualche informazione interessante.
Un grazie a chi si è fermato a commentare aggiungendo un pezzo di sé. I vostri commenti mi fanno un enorme piacere. Lasciatene tanti, fa bene a tutti.
Che dire? Fate in modo che queste feste siano qualcosa in più del mero consumismo.
Fate in modo che possano essere un periodo sereno, per voi e per chi vi sta vicino. C’è bisogno, di serenità!
Mi auguro che l’effetto benefico della crisi porti alla sparizione di un po’ di “Cafonal”, di tutti quelli per cui l’apparire è più importante dell’essere. C’è anche un enorme bisogno di sobrietà, davvero!
Auguri a tutti voi, lettori di relazionivirtuose.it, affinché possiate realizzare un vostro sogno nel 2009!
Auguri per una vita felice, sempre.
Un GRAZIE immenso, col cuore.
Claudio Maffei

 
Generale
postato da  Claudio Maffei alle  11:18 | aggiungi commento | commenti presenti [1]



13 Dic 2008
E crescendo impari
E crescendo impari che la felicità non e' quella delle grandi cose.
Non e' quella che si insegue a vent'anni, quando,
come gladiatori si combatte il mondo per uscirne vittoriosi...
La felicità non e' quella che affannosamente si insegue
credendo che l'amore sia tutto o niente,...
non e' quella delle emozioni forti che fanno il "botto"
e che esplodono fuori con tuoni spettacolari...,
la felicità non e' quella di grattacieli da scalare,
di sfide da vincere mettendosi continuamente alla prova.
Crescendo impari che la felicità e' fatta di cose piccole ma preziose....
...e impari che il profumo del caffé al mattino e' un piccolo rituale di felicità,
che bastano le note di una canzone, le sensazioni di un libro dai colori che scaldano il cuore,
che bastano gli aromi di una cucina, la poesia dei pittori della felicità,
che basta il muso del tuo gatto o del tuo cane per sentire una felicità lieve.
E impari che la felicità e' fatta di emozioni in punta di piedi,
di piccole esplosioni che in sordina allargano il cuore,
che le stelle ti possono commuovere e il sole far brillare gli occhi,
e impari che un campo di girasoli sa illuminarti il volto,
che il profumo della primavera ti sveglia dall'inverno,
e che sederti a leggere all'ombra di un albero rilassa e libera i pensieri.
E impari che l'amore e' fatto di sensazioni delicate, di piccole scintille allo stomaco,
di presenze vicine anche se lontane, e impari che il tempo si dilata e che quei 5 minuti sono preziosi
e lunghi più di tante ore,e impari che basta chiudere gli occhi, accendere i sensi, sfornellare in cucina,
leggere una poesia, scrivere su un libro o guardare una foto per annullare il tempo
e le distanze ed essere con chi ami.
E impari che sentire una voce al telefono, ricevere un messaggio inaspettato,
sono piccoli attimi felici.
E impari ad avere, nel cassetto e nel cuore, sogni piccoli ma preziosi.
E impari che tenere in braccio un bimbo e' una deliziosa felicità.
E impari che i regali più grandi sono quelli che parlano delle persone che ami...
E impari che c'e' felicità anche in quella urgenza di scrivere su un foglio i tuoi pensieri,
che c'e' qualcosa di amaramente felice anche nella malinconia.
E impari che nonostante le tue difese,
nonostante il tuo volere o il tuo destino,
in ogni gabbiano che vola c'e' nel cuore un piccolo-grande
Jonathan Livingston.
E impari quanto sia bella e grandiosa la semplicità.
 
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postato da  Claudio Maffei alle  14:39 | aggiungi commento | commenti presenti [1]



3 Dic 2008
Perchè ridere salva la vita
Le affermazioni della saggezza popolare precorrono talvolta i risultati della ricerca scientifica: “il riso fa buon sangue” – si dice. L’interpretazione convenzionale di questo proverbio assegna al sangue la metafora della disposizione d’animo, forse riprendendola dalla teoria degli umori della medicina di Ippocrate, e quindi attribuisce all’umorismo una relazione benefica con lo stato di salute.
Ma il “buon sangue” non è solo buonumore. Già da alcuni anni, infatti, è stato dimostrato che ridere modifica la concentrazione di alcuni componenti presenti nel sangue e che queste variazioni sono, a loro volta, responsabili di cambiamenti di attività del sistema immunitario, tanto da poter pensare di impiegare la comicità nella terapia e nella prevenzione delle malattie.
L’aneddoto più noto a questo proposito è probabilmente costituito dalla vicenda di Norman Cousins (1915-1990), giornalista americano redattore letterario del Saturday Review, al quale fu diagnosticata una forma severa di spondiloartrite anchilosante - una malattia infiammatoria cronica autoimmune invalidante delle articolazioni - con complicanze cardiache. Allorché, in relazione alla scarsa efficacia dei trattamenti intrapresi, gli fu annunciata una prognosi con minime probabilità di sopravvivenza nel breve periodo, Cousins, alla luce di alcune ricerche di “biochimica delle emozioni” recentemente pubblicate, decise di affidarsi ad un programma terapeutico che comprendeva dosi imponenti di vitamina C, attitudine mentale positiva e visione di film comici e candid camera televisive. L’effetto immediato di tipo analgesico gli permise innanzitutto di poter dormire senza dolore, successivamente il lento miglioramento clinico gli consentì di riprendere il lavoro e di vivere fino a 75 anni: per più di sedici anni dopo la diagnosi e ben oltre quanto era stato pronosticato dai medici.
La base scientifica che oggigiorno ci offre la possibilità di comprendere, tra le altre cose, la relazione tra umorismo e salute è l’oggetto di una disciplina dal nome quasi impronunciabile – psico-neuro-endocrino-immunologia – per indicare la quale si preferisce utilizzare l’acronimo PNEI: in sintesi le emozioni e il pensiero, attraverso le vie del sistema nervoso, influenzano la secrezione di ormoni che regolano l’attività immunitaria.
Abbiamo percorso un tratto di strada ulteriore dalle osservazioni che Freud, all’inizio del secolo scorso, riportava nel suo saggio Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio (1905): ridere di cuore può permettere lo scaricare delle tensioni e uno stato di conseguente piacere. Il riso dunque è salutare perché alleggerire la tensione vuol dire intervenire in maniera positiva sullo stress e sull’ansia interrompendo il circolo vizioso che alimenta frustrazione, senso di inadeguatezza, aggressività e senso di colpa. Questo sul piano psichico, ma in condizioni di stress l’organismo produce una maggior quantità di cortisone che riduce la competenza immunitaria e facilita così l’insorgenza di malattie. Il senso dell’umorismo, moderando il calo delle difese immunitarie che si verifica sotto stress, ne antagonizza le conseguenze; inoltre è dimostrato che ridere di cuore provoca effetti simili all’esercizio fisico con successivo periodo di rilassamento: aumenta la produzione di beta-endorfine (un gruppo di sostanze prodotte dalle cellule del sistema nervoso) e riduce il rischio di infarto cardiaco e di depressione.
In un periodo storico come quello attuale, caratterizzato da una congiuntura economica negativa che comporta un logorio individuale e sociale, una cura efficace a basso costo è sicuramente benaccetto.
In più la capacità di cogliere l’aspetto umoristico delle situazioni sollecita l’azione di cortocircuiti psichici simili a quelli provocati dall’arrivo improvviso di nuove idee e alla capacità di elaborare soluzioni alternative ai problemi utilizzando elementi occasionali.

 
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25 Nov 2008
Sono contro la violenza sulle donne
SONO CONTRO "un inarrestabile flagello mondiale", così l'ONU definisce LA VIOLENZA SULLE DONNE. I numeri aggiornati del flagello sono, come si dice, assordanti: quasi due miliardi di donne nel mondo e circa sette milioni in Italia hanno subito violenza almeno una volta nella vita, ed è fin troppo facile supporre che queste stime siano approssimate per difetto. Il flagello colpisce senza distinzione di continente o latitudine, e si tratta di violenze fisiche, sessuali, psicologiche, omicidi familiari, mutilazioni genitali, tratta, schiavitù, fino alla guerra, al dramma infinito delle donne che vivono nei paesi in guerra.

Donne di ogni età. Le neonate soppresse in certe zone rurali della Cina. Le bambine vendute spose o schiave in India, quelle a cui vengono mutilati i genitali, quelle che si prostituiscono in Brasile, a Cuba, in estremo Oriente, le ragazze che a Ciudad Juarez, in Messico, sono state violentate e uccise a centinaia e poi seppellite nel deserto. Se non fosse stato per il coraggio di una sopravvissuta per miracolo (come non ricordare qui la 'nostra' Donatella Colasanti, e il massacro del Circeo?) nessuno ne avrebbe mai saputo niente. Quelle ragazze venivano da zone povere dell'interno a cercare lavoro in una fabbrica vicina alla frontiera nord, quella con gli Stati Uniti, ma le aspettava la fabbrica dello stupro e della morte. Erano almeno quattrocento. Ma questi sono solo alcuni esempi. Il flagello, dice l'ONU, è "inarrestabile". In ben 192 stati membri, la maggioranza cioè delle Nazioni Unite, non esistono leggi e strumenti adeguati a punire i colpevoli e a proteggere le vittime.

In Italia, dice l'Istat, circa sette milioni di donne tra i 15 e i 49 anni - per la precisione 6.743.000 - hanno subito violenza almeno una volta. E purtroppo, dicono ancora i dati ufficiali, la maggioranza di queste violenze si compie dentro casa. Violentatori, molestatori, quando non i veri e propri aguzzini, sono in maggioranza gli uomini di casa - padri, mariti, fratelli - o comunque quelli della cerchia più ristretta tra le relazioni della vittima, conoscenti, vicini di casa, fidanzati, amici, amanti, ex. Alle donne 'campionate' dall'Istat - come giustamente rilevava Nina in un post che non riesco a rintracciare - bisogna però aggiungere le bambine che hanno meno di 15 e le donne che hanno più di 49 anni: paradossi della statistica, loro non le 'contiamo'?

E attenti a quello che facciamo vedere ai nostri bambini. Guarda il video cliccando qui

 
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