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30 Gen 2008
Gandhi
Acquistiamo il diritto di criticare severamente una persona solo
quando siamo riusciti a convincerla del nostro affetto e della lealtà
del nostro giudizio, e quando siamo sicuri di non rimanere
assolutamente irritati se il nostro giudizio non viene accettato o rispettato.
In altre parole, per poter criticare, si dovrebbe avere un'amorevole capacità,
una chiara intuizione e un'assoluta tolleranza
----------------

Dato che non penseremo mai nello stesso modo e vedremo la verità
per frammenti e da diversi angoli di visuale, la regola della nostra
condotta è la tolleranza reciproca. La coscienza non è la stessa per tutti.
Quindi, mentre essa rappresenta una buona guida per la condotta individuale,
l'imposizione di questa condotta a tutti sarebbe un' insopportabile
interferenza nella libertà di coscienza di ognuno
---------------
Non è la letteratura né il vasto sapere che fa l'uomo,
ma la sua educazione alla vita reale.
Che importanza avrebbe che noi fossimo arche di scienza,
se poi non sapessimo vivere in fraternità con il nostro prossimo?

30 gennaio 2008 - 60° anniversario dalla morte del Mahatma Gandhi
 
Generale
postato da  Claudio Maffei alle  14:54 | aggiungi commento | commenti presenti [2]



20 Gen 2008
Vendite: i master puntano sulle relazioni. Ma va?
Il Corriere della Sera di ieri riporta un articolo intitolato così.
Riassumo liberamente, qui di seguito, parte del testo.
Focus sulla relazione.
E’ questo l’elemento su cui si sta concentrando la formazione rivolta ai sales manager.
La vendita è inquadrata nel più ampio contesto del rapporto stabilito con il cliente.
Va in tale direzione l’Executive master in marketing & sales organizzato da Sda Bocconi e dalla spagnola Esade Business School.
Una parte delle lezioni, che si protraggono per 14 mesi, è infatti incentrata proprio sui processi relazionali e sulla costruzione della relationship.
Ma anche i progetti formativi di minore durata dedicano sempre maggiore attenzione a tali aspetti.
Lo studio delle dinamiche più prettamente psicologiche occupa un ruolo significativo anche nei percorsi formativi focalizzati su ambiti specifici della vendita. Per esempio, il corso che la business school del “ Sole 24 Ore” dedica alla gestione dei key customer comprende un approfondimento sull’ottimizzazione del sistema di relazione.
Naturalmente un taglio di questo tipo comporta l’utilizzo di strumenti adeguati. Come la programmazione neurolinguistica, all’interno del seminario Ipsoa in “Tecniche di vendita”.

Ho sempre pensato che essere vent’anni avanti è come essere vent’anni indietro. Sei comunque fuori tempo.

Migliaia di persone possono testimoniare che queste cose le insegnavo già 20/25 anni fa.
Ho ritrovato di recente un numero del mensile Convegni datato 1987 con un mio articolo sull’utilità della programmazione neurolinguistica nella vendita!

E…vi giuro…era molto più comprensibile delle righe che avete letto qui sopra.
 
Generale
postato da  Claudio Maffei alle  16:10 | aggiungi commento | commenti presenti [0]



10 Gen 2008
Do you remember sixtyeight ?
Quand’ero ragazzo io e mio padre litigavamo continuamente per ogni cosa.
Io avevo i capelli lunghi, giù fin sotto le spalle.
Avevo 17, 18 anni, e lui non lo sopportava. E arrivammo al punto che litigavamo tanto che io stavo quasi sempre fuori casa.
L’estate non era male, perché era caldo e c’erano gli amici. Ma d’inverno, mi ricordo che stavo lì in città ed era così freddo…e quando c’era il vento, mi mettevo in una cabina del telefono e telefonavo alla mia ragazza per ore, parlavamo tutta la notte. Poi, alla fine, trovavo il coraggio di andare a casa; mi fermavo lì nel viale, e lui mi aspettava in cucina. Mi infilavo i capelli nel colletto e entravo. Lui mi chiamava e mi diceva di tornare indietro e mettermi seduto lì con lui. E la prima cosa che mi chiedeva era che pensavo di fare di me stesso.
E il peggio di tutto era che non trovavo mai il modo di spiegarglielo.
Mi ricordo che una volta ebbi un incidente con la moto e stavo a letto e lui fece venire un barbiere che mi tagliò i capelli. Mi ricordo di avergli detto che lo odiavo e che non lo avrei mai, mai dimenticato.
Mi diceva sempre non vedo l’ora che ti pigli l’esercito. Quando ti piglia l’esercito ti fanno diventare un uomo. Ti tagliano i capelli e fanno di te un uomo.
E questo avveniva nel 1968 e c’erano un sacco di ragazzi del quartiere che andavano in Vietnam. Mi ricordo il batterista della mia prima band che venne a casa mia con la divisa dei marines addosso a dirmi che ci andava e non sapeva dov’era. E un sacco di ragazzi andarono, e un sacco di ragazzi non tornarono. E quelli che tornarono non erano più gli stessi.
Bruce Springsteen

Chiunque ha fatto un corso con me sa che lo ricordo sempre: avevo 16 anni nel ’68 e stavo in un liceo classico milanese dove…passava la storia.
Con il ’68 il mondo è andato avanti nella conquista dei diritti civili. E’ per questo che è utile dire, soprattutto ai giovani, che io rifiuto, nel modo più assoluto, la teoria secondo la quale il ’68 è stata la culla del terrorismo e degli anni di piombo. Il ’68 ha rappresentato per la storia del mondo un punto di non ritorno. E’ stato l’anno della Primavera di Praga, delle rivolte studentesche, dell’opposizione alla guerra in Vietnam, dell’omicidio di Martin Luther King.
E ancora è stato l’anno in cui è nato il movimento femminista e, forse, l’anno in cui ha avuto inizio l’irreversibile declino dell’Unione Sovietica.
“Tutte le nozioni esistenti sono scadute e devono essere ripensate”, così diceva una scritta sul muro nel maggio parigino. Si può anche non arrivare a tanto ma va da sé che da quel momento abbiamo dovuto attenerci a un nuovo principio: è un buon insegnante colui che mentre insegna, impara ed è un buono studente colui che mentre impara, insegna.
Un mio grande maestro Giovanni Spadolini (di certo non comunista)
diceva: “ Ho sempre ritenuto che il ’68 abbia avuto un valore notevole nel liquidare tutte le forme di dogmatismo e di fideismo”.
E il premio nobel Dario Fo ha detto: “ Che cosa ha avuto di stupendo il sessantotto? Buttare all’aria i luoghi comuni, le certezze consolidate, mettere in discussione tutto, non fidarsi delle tradizione riscritte secondo gli interessi di qualcuno”.

E oggi, dopo quarant’anni, cos’ è rimasto di questo spirito?
 
Generale
postato da  Claudio Maffei alle  12:08 | aggiungi commento | commenti presenti [1]



24 Dic 2007
Buone feste

In questo periodo di festa gli auguri sono rituali, e forse spesso scontati. Perde così valore un importante momento di relazione, un’occasione per sentire amici e conoscenti, persone vicine e lontane, persone che magari da molto non sentivamo.
Per non apparire conformisti spesso rinunciamo a compiere questo semplice gesto, pensando: “ tanto lo fanno tutti, chissà quante mail arriveranno…” , togliendoci così a cuor leggero il disturbo.
Anch’io sono stato tentato di comportarmi così, motivato dal tempo scarso e dagli impegni che si inseguono, poi però ho cambiato idea e ho pensato: ”perchè invece non usare questa occasione anche per ringraziare. Quei ringraziamenti che troppo spesso riserviamo solo ai momenti di commiato”.
Quindi nell’augurare a voi e tutte le vostre famiglie un buon Natale e un felice anno nuovo, ringrazio di cuore, con un abbraccio forte, tutti coloro che anche quest’anno hanno creduto in me, tutti coloro che mi sono stati vicini, chi ha riso con me e chi, con me, ha condiviso altre emozioni, chi mi ha aiutato e chi ha apprezzato il mio aiuto, chi mi ha indicato la strada e chi l'ha percorsa con me.

Buone feste


Nessuno puo' rivelarvi nulla
se non cio' che già si trova
in stato di dormiveglia
nell'albeggiare della nostra conoscenza.
L'insegnante che avanza
nell'ombra del tempio,
fra i suoi discepoli,
non trasmette la sua sapienza,
ma piuttosto la sua fede
e la sua amorevolezza.
Se è veramente saggio,
non vi introdurrà
nella casa della sua sapienza,
ma vi accompagnerà
alla soglia
della vostra mente.
Kahlil Gibran
"Il profeta"

 
Generale
postato da  Claudio Maffei alle  15:45 | aggiungi commento | commenti presenti [0]



14 Dic 2007
Mi hanno raccontato una storia
Mi hanno raccontato una storia, questa mattina.
Parla di un luogo in cui le persone vivono la loro vita in ordine inverso.
Come prima cosa, muoiono, e si sbarazzano subito di questa spinosa questione.
Passano i primi anni della loro vita in case di riposo, stanchi del mondo e delle relazioni, con gli occhi persi di chi non aspetta perchè non ha più niente da aspettare.
Poi, col crescere, diventano più giovani e, quando è giunta l'ora, lasciano la casa di riposo. Qualcuno gli regala un orologio d'oro e iniziano a lavorare. Nei primi anni, gli pare d'aver già fatto tutto quel che c'era da fare, e che non potrebbero dare alcun contributo di novità. Anzi, a guardar bene, la novità un po' li spaventa. Ma più passa il tempo, e più diventano entusiasti, creativi, alcuni addirittura incendiari, rivoluzionari. Il lavoro sembra, ora, una fantastica avventura.
Viene, a questo punto, il tempo di lasciare il lavoro per andare a scuola, per imparare qualcosa su se stessi, sul mondo, e su se stessi dentro al mondo.
Succede, a molti, allora, di vivere una fase di confuso cambiamento, in cui non ci si sente più, ma non si è ancora. Si chiama adolescenza. E per attraversare questa fase molti di loro si aggrappano al ricordo delle loro esperienze di adulti, vissute anni prima.
Arriva infine l'infanzia. I loro occhi si spalancano sulle meraviglie del mondo. Le loro energie crescono, le convinzioni su ciò che è possibile si espandono insieme alla loro flessibilità. Passano, questi esseri, gli ultimi mesi della loro vita in un ambiente caldo e morbido, in un luogo in cui ogni loro desiderio è soddisfatto.
E tutto si conclude nello scintillio d'occhi di uno sconosciuto.

L'ha raccontata, con parole a tratti un po', a tratti molto diverse, Robert Dilts nel suo libro "Changing Beliefs Systems with NLP".
Mi pare una di quelle storie che adesso non le capisci fino in fondo, ma che verrà un giorno in cui dovrò spiegare una cosa alle mie figlie, e dirò loro: "Mia hanno raccontato una storia, un giorno. Parla di un luogo in cui..."

 
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postato da  Claudio Maffei alle  17:59 | aggiungi commento | commenti presenti [0]



3 Dic 2007
La leadership è diventata dolce
Ragazzi di oggi e leader di domani.. c’è una buona notizia: la leadership è diventata “dolce” !
I modelli autoritari, la manipolazione, l’arroganza, l’arrivismo, i prepotenti.. ormai sono fuori moda, superati, obsoleti.
In ogni scuola, in ogni libro di management, in ogni istituzione, il modello riconosciuto è quello di una nuova figura di manager e leader, sicuramente più evoluta, anche se ancora “rara” da incontrare negli uffici delle aziende.
Umanità, empatia, ascolto sono le qualità oggi più apprezzate e riconosciute come vincenti, fino a spingersi all’ “amore” considerato come l’arma più forte anche nel contesto lavorativo (vedi il recente testo: “L’amore è la killer App!” di Tim Sander, chief solutions officer di Yahoo!).
Strano vero?
Però è così: competenze e conoscenze sono e rimangono importanti, ma ciò che fa la differenza sono, e saranno sempre più, le qualità umane della persona: il resto è in qualche modo sostituibile o “automatizzabile”: sentimenti e valori invece rimangono esclusiva del singolo e ne costituiscono a pieno titolo la personalità unica e originale.

Ai giovani che si affacciano per la prima volta nel mondo del lavoro ecco allora 7 consigli utili per essere leader fin da subito:
• essere se stessi: meglio un autentico indeciso che un falso sicuro di sé, meglio un sincero “non lo so” che una falsa ostentazione di conoscenza presto smascherabile, meglio esprimere una reale preferenza piuttosto che un generico “mi piace tutto” per essere certi di non contraddire un superiore. Quando siete voi stessi in qualche modo la vostra autenticità e umanità raggiunge gli altri e le lacune, se ci sono, potranno facilmente essere perdonate. Quando siete voi stessi siete in realtà al massimo del vostro potenziale!
• essere umili: non significa essere sottomessi, ma semplicemente essere consci dei propri limiti e non avere paura di mostrarli, anzi fare leva su di essi per essere disponibili e aperti ai consigli, per non temere di chiedere aiuto ai propri referenti e responsabili. Tutti, un giorno, abbiamo iniziato e tutti all’inizio abbiamo commesso errori e non sapevamo muoverci. Umiltà significa rispetto ed è segno di grande maturità
• essere curiosi: non guardate solo al vostro lavoro, la curiosità di conoscere quello che accade intorno, nel resto dell’azienda e fuori dall’azienda; conoscere le aziende prima ancora di contattarle, capire cosa producono che servizi offrono, chi sono i clienti, il mercato.. curiosità è segno di un’intelligenza fresca e viva. Internet è un ottimo mezzo per conoscere e curiosare. Ma anche curiosi e voraci di letture, curiosi delle persone che vi circondano, delle culture diverse dalla vostra…
• condividere la conoscenza: all’inizio sarete riconoscenti verso chi sarà disposto a condividere con voi la propria conoscenza, maturata con anni di esperienza. Imparate fin da subito a condividere la vostra con lo stagista arrivato dopo di voi: c’è ancora chi crede che trattenere le informazioni sia un trucco per restare indispensabili all’azienda, per non “farsi rubare” i meriti, ma in realtà chi non condivide finisce isolato e presto inutile.
• essere responsabili: non è necessaria nessuna carica aziendale per essere responsabili. Potete essere responsabili del vostro lavoro dal primo giorno imputando a voi stessi e non agli altri (colleghi, capi, azienda, clienti) i vostri risultati, quelli del vostro reparto e anche quelli dell’azienda. Assumersi la responsabilità di un errore, di una decisione, di una proposta di miglioramento, di far funzionare meglio le cose, di capire e di agire. Questo significa anche accettare le critiche e sbagliare, ma sempre presuppone un atteggiamento attivo. Le persone che si “muovono” sono responsabili!
• coltivare relazioni positive: gli altri sono la cosa più importante! Coltivate relazioni positive con colleghi clienti e superiori: vi aiuterà sempre nel vostro lavoro. Questo non significa “arruffianarsi” il capo, significa piuttosto tenere in alta considerazione gli altri, essere disposti ad aiutare il collega anche se questo non è a vostro diretto vantaggio nel conseguimento degli obiettivi, significa essere aperti all’ascolto e alla comprensione delle difficoltà altrui, anche quelle dei propri superiori.. e ne hanno sempre tante!
• sviluppare la crescita personale: avete studiato fino adesso e solo ora forse incomincia la vostra crescita personale: non sarà più aula, non saranno più esami scolastici, ma sicuramente saranno libri, corsi, esperienze. L’obiettivo è quello di conoscersi sempre meglio per realizzare la vostra professionalità e personalità in un lavoro che vi assomigli, che sia in linea con le vostre aspirazioni ed i vostri valori, che vi consenta di esprimere al meglio i vostri magici talenti, quali essi siano!

Il nuovo modello di leadership dolce, affermato in tutte le aule di management, deve tuttavia ancora diffondersi nelle situazioni lavorative e questo è un vostro compito! Non sarà facile: dovrete convivere con qualche manager della vecchia guardia e toccherà a voi dare l’esempio positivo.
E allora, cari nuovi manager e nuove leader, il futuro è vostro, rendetelo migliore!
managerzen

 
Generale
postato da  claudio maffei alle  22:07 | aggiungi commento | commenti presenti [2]



24 Nov 2007
Relazioni personali e virtuali
L'altro giorno a New York Larry Foster, per 33 anni responsabile delle relazioni pubbliche della Johnson & Johnson, ha ricevuto dall'Institute for Public Relations , il più importante centro di ricerca mondiale delle relazioni pubbliche, il Premio Alexander Hamilton e ha pronunciato un discorso brevissimo, di straordinaria importanza e attualità che qui riproduco in versione italiana. Tutto da leggere e da imparare a memoria. E' breve
DISCORSO DI LARRY FOSTER IN OCCASIONE DELL'ASSEGNAZIONE DEL PREMIO ALEXANDER HAMILTON
Yale Club, New York City
16 novembre 2007
Sono stato sorpreso ed onorato quando ho ricevuto la telefonata di Frank Ovaitt per la Alexander Hamilton Medal. Quando si è stati nella professione per più di 50 anni e si è ormai fuori dal giro, è davvero gratificante essere ricordati. Un grazie sincero all'Istituto.
Cinquant'anni fa ho preso la saggia decisione di lasciare il giornalismo - ero redattore ‘notturno' del Newark News, allora il giornale a più larga diffusione del New Jersey – e sono entrato alla Johnson & Johnson per collaborare all'avvio del suo primo Ufficio Relazioni Pubbliche. Si trattava di una sfida alla quale non ho saputo resistere.
Per i successivi 33 anni mi sono sentito l'individuo più fortunato del mondo – e lo ero.
La straordinaria società di cui facevo parte è cresciuta di quaranta volte durante la mia permanenza.
Sin dall'inizio il Chairman/CEO ha stabilito che le RP dovevano riportare direttamente a lui – e così è ancora oggi.
Nel 1990 mi è succeduto Bill Nielsen e tre anni fa è toccato a Ray Jordan: dunque negli ultimi cinquant'anni solo tre di noi hanno occupato quella posizione. Nello stesso periodo ci sono stati cinque Chairmen, il che ci fa pensare che noi li logoriamo più di quanto loro non logorino noi.
Non c'è dubbio, comunque, che oggi si tratti di un mestiere diverso. E che mi porta all'unica considerazione che voglio condividere con voi.
Mi stupisco della quantità di tecnologia alla quale oggi avete accesso, ma ho anche una preoccupazione. Se condividerete con me questa preoccupazione, avrò bisogno del vostro aiuto – e della vostra immaginazione.
Immaginate che io abbia di fronte una grandissima bilancia, tipo quelle che si vedono nelle raffigurazioni della giustizia. Questa bilancia in alto ha un braccio dal quale pendono due grandi piatti sospesi a delle catene. Il vostro è il piatto di sinistra – che indichiamo con il 2007 – il mio è quello di destra – che indichiamo con il 1957.
Ora vi chiedo di sistemare sul vostro piatto, come per magia, tutti i vostri accessi a Internet, i vostri computer desktop e laptop. Poi i vostri Blackberry e Palm. Il vostro fax, fotocopiatrice e tutte le vostre potenzialità collegate alla televisione a colori – videotape, DVD, camcorder. Tutti i vostri telefoni cellulari e iPhone, eliminando così le segreterie telefoniche e i messaggi vocali – e includendo invece le e-mail.
(Mi pare di aver sentito una signorina seduta laggiù che diceva ‘non gli darò certo il mio cellulare', e l'ha nascosto sotto il tovagliolo).
L'altro piatto della bilancia è vuoto perché cinquant'anni fa non avevamo neppure uno di questi fantastici strumenti tecnologici. Potevamo contare solo su quello che chiamavamo Relazioni Personali. E allora mettiamo queste sul mio piatto della bilancia. Le Relazioni Personali.
Non intendo giudicare dove stia il punto di equilibrio – tra la tecnologia, che occupa la maggior parte del vostro tempo, e lo sviluppo di Relazioni Personali che, cinquant'anni fa, occupava la maggior parte del nostro tempo.
So che per il successo nelle Relazioni Pubbliche è fondamentale instaurare un sentimento di fiducia tra due persone, o due organizzazioni. E sono convinto che il modo migliore per generare fiducia sia una relazione personale – e non una e-mail.
E quindi vi chiedo: consentite al fascino che la tecnologia esercita su di voi – e sulla quale contate, di impedirvi di migliorare le vostre relazioni personali a lungo termine, così importanti per il vostro successo nelle relazioni pubbliche?
Le continue ondate di nuove tecnologie accelerano il ritmo del vostro lavoro e si aggiungono alla pressione per la mancanza del tempo necessario a fare tutto ciò che si vorrebbe. E' una sfida continua.
Ma questo vale anche per la costruzione di relazioni personali.
Con quante persone avete comunicato on line per anni, senza averle mai viste in faccia?
Ed è così che la tecnologia ha incrementato, in modo significativo, la vostra produttività, ma ha anche avuto un effetto paralizzante sulle vostre relazioni personali.
Sono fermamente convinto che il vostro successo nella professione sarà giudicato in base alla qualità delle vostre prestazioni, ma anche sulla vostra integrità e capacità di generare fiducia nelle relazioni con gli altri.
Se non tenete conto dell'importanza delle relazioni personali, private gli altri della possibilità di apprezzare la vostra qualità più rilevante, la vostra unicità come persona. E' ciò che vi distingue dagli altri.
Si tratta di prendere una decisione molto personale: consentire all'ondata di tecnologia di dominare la vostra vita professionale, o trovare il modo di usare la tecnologia, ma anche l'unicità che è in voi.
Spetta soltanto a voi decidere....
 
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postato da  Claudio Maffei alle  12:27 | aggiungi commento | commenti presenti [0]



15 Nov 2007
Il colpo di fulmine
Il colpo di fulmine?
Semplice calcolo statistico
Vi è mai capitato di incontrare una persona speciale e vivere quella rara ma entusiasmante esperienza denominata “colpo di fulmine”? Alcuni scienziati dell'Ohio State University, negli Usa, hanno cercato di comprendere quale sia il fattore scatenante e hanno scoperto qualcosa di sorprendente. In amore, ma anche in amicizia, contano i primi minuti di conoscenza. Il nostro cervello, inconsciamente, analizza la persona che si trova di fronte e, se particolarmente interessante, effettua una veloce previsione di quanto si ha in comune con la stessa.
Per evitare di perdere “secondi preziosi”, insomma, scatta quella molla che ci permette di aprirci di più, facendoci rivelare quanto più possibile di noi stessi. Si compiono cioè tutti quei gesti che aiutano l'instaurarsi di un rapporto che può essere di natura amorosa o di forte amicizia. Dunque il famoso colpo di fulmine non sarebbe altro che un complesso e veloce, ma romantico, calcolo delle probabilità.
Questo, spiegano gli scienziati sul Journal of Social and Personal Relationships, fa comprendere meglio il perché gli “speed date”, gli appuntamenti a cronometro, non siano un'invenzione totalmente campata in aria. Si tratta di una scoperta importantissima, hanno detto gli stessi ricercatori, perché “sovverte quanto pensato finora sulla formazione delle relazioni d'amore o di amicizia”. La ricerca, condotta su un campione di 164 studenti, metteva i giovani in condizione di formulare un rapido giudizio sulle persone incontrate a distanza di tre, sei o, al massimo, dieci minuti.
A distanza di nove settimane è stata poi verificata l'eventuale corrispondenza tra il giudizio “fast” e quello sottoposto alla prova del tempo. “Le conclusioni raggiunte nei primissimi minuti – hanno concluso gli scienziati - sono state confermate dalla lunga frequentazione”.
Fonte ecplanet.com
 
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postato da  claudio maffei alle  10:02 | aggiungi commento | commenti presenti [0]



3 Nov 2007
Gestisci il tuo stato d'animo
Uno stato d’animo positivo è una condizione esistenziale a cui tutti ambiscono e, incapaci di raggiungerla, attribuiscono il fallimento agli altri o alle circostanze del mondo esterno.
L’amore, la salute, il denaro, l’aspetto fisico, le condizioni di lavoro, l’età sono una serie di fattori su cui non abbiamo nessun controllo.
Ciò consente a ciascuno di noi di non essere non dico felice, ma almeno di buon umore, perché nulla possiamo fare sulle circostanze che non dipendono da noi.
Eppure questa condizione dell’animo è accessibile a qualsiasi essere umano a prescindere dalla sua ricchezza, dalla sua condizione sociale, dalle sue capacità intellettuali, dalle sue condizioni di salute. Non dipende dal piacere, dalla sofferenza fisica, dall’amore, dalla considerazione o dall’ammirazione altrui, ma esclusivamente dalla piena accettazione di sé che Nietzsche ha sintetizzato nell’aforisma: “Diventa ciò che sei”.
Sembra quasi un’ovvietà, ma non capita quasi mai, perché noi misuriamo la felicità non sulla realizzazione di noi stessi, che è fonte di energia positiva per quanti ci vivono intorno, siano essi familiari, colleghi, conoscenti, ma sulla realizzazione dei nostri desideri che formuliamo senza la minima attenzione alle nostre capacità e possibilità di realizzazione.
Non accettiamo il nostro corpo, il nostro stato di salute, la nostra età, la nostra occupazione, la qualità dei nostri amori perché ci regoliamo sugli altri, quando non sugli stereotipi che la pubblicità ci offre ogni giorno.
Se uno stato d’animo cattivo è il risultato di un desiderio lanciato al di là delle nostre possibilità, non ho alcuna difficoltà a dire che chi è di cattivo umore è colpevole, perché è lui stesso causa della sua infelicità.
A questo punto uno stato d’animo positivo non è più una faccenda di “umore” ma oserei dire un vero e proprio “dovere etico” non solo perché nutre il gruppo che ci circonda di positività, ma perché presuppone una buona conoscenza di sé. Infatti nello scarto tra il desiderio che abbiamo concepito e le possibilità che abbiamo di realizzarlo c’è lo spazio aperto, e talvolta incolmabile, della nostra infelicità.
Le conseguenze sono note: ansia e depressione che diventano condizioni permanenti della nostra personalità, che abbassano il tono vitale della nostra esistenza, quando non addirittura, a sentire i medici, il nostro sistema immunitario, disponendoci alla malattia che non è mai solo un’insorgenza fisica, ma anche spesso una disposizione dell’animo che ha rinunciato a quel dovere etico che Aristotele segnala come scopo della vita umana: la felicità.

Liberamente tratto da Umberto Galimberti per Repubblica.
 
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postato da  claudio maffei alle  12:43 | aggiungi commento | commenti presenti [2]



26 Ott 2007
Viva le metafore!
Quando Atene fioriva per le giuste leggi, l’eccessiva libertà sconvolse la cittadinanza e l’abuso infranse l'antico freno. Allora, mentre le fazioni politiche cospiravano tra loro, il tiranno Pisistrato occupò l'acropoli.
Poiché gli abitanti dell'Attica si lamentavano della triste oppressione - non perché fosse crudele, ma perché ogni peso è grave per coloro che non sono abituati - e avevano iniziato a interrogarsi, Esopo prese la parola e raccontò questa favola:
"Le rane che vagavano libere nella palude chiesero con gran clamore a Zeus un re che con la sua autorità tenesse a freno i costumi dissoluti. Il padre degli dei rise e inviò loro un travicello, che piovve all’improvviso e con gran rumore nell'acqua dello stagno, terrorizzando la pavida stirpe.
Il travicello giaceva immerso nel limo da un po’ di tempo allorché, per caso, una rana sporse silenziosamente il capo dallo stagno e, dopo aver osservato il re, chiamò tutte le altre a raccolta.
Quelle, deposto ogni timore, a gara nuotarono verso di esso e la moltitudine gracidante iniziò a saltare sopra il legno. E, dopo averlo insozzato e dileggiato con ogni sorta di insulto, mandarono a Zeus un’ambasceria reclamando un altro re, poiché era inutile quello che era stato dato. Allora Zeus mandò loro un serpente che, con dente vorace, iniziò ad ucciderle una dopo l’altra.
Invano, le rane cercarono di fuggire la morte, incapaci di reagire: la paura le rendeva mute.
Le poche rane superstiti, afflitte, affidarono di nascosto a Hermes un'ulteriore missiva per Zeus affinché le soccorresse e le liberasse. “Poiché non voleste sopportare il vostro bene” - rispose Zeus - “ora subite il male”.
"Anche voi, o cittadini," - concluse Esopo - "sopportate questo male affinché non ve ne capiti uno maggiore".
Eh… un mio maestro mi ha detto, decine di anni fa, che le metafore non si spiegano mai! ;-)
 
Generale
postato da  Claudio Maffei alle  13:20 | aggiungi commento | commenti presenti [0]





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