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22 Gen 2009
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Fabrizio De Andrè Genova 1940-Milano 1999
Come qualche amico sa, io volevo fare il cantautore.
Ci ho anche provato e, per un po’, ci sono riuscito contro tutti
e tutto.
Sono stato quello che si può definire un ottimo dilettante.
Le canzoni mi hanno permesso di ricevere applausi, di divertire
gli amici e anche... di far innamorare qualche ragazzina.
Una generazione speciale, la mia, quella che oggi verrebbe
definita la generazione del ’68.
Da quegli anni in poi, la musica ha avuto, per le giovani generazioni,
il ruolo di lingua mondiale, unificando i popoli molto più
della politica o delle religioni.
Giovani di tutte le nazionalità si sono incontrati a Woodstock o
all’Isola di Wight, fraternizzando in due ore come mai sarebbero
riusciti a fare, dibattendo i loro problemi per giorni e giorni.
In quegli anni, sull’onda del pacifismo e dell’amore per gli altri,
la musica era semplicemente comunicare con la gente, soprattutto
quella della nostra età.
E io mi ci sono buttato.
Già nel 1966, a soli 14 anni, partecipai al Festival studentesco
che coinvolse tutte le scuole superiori di Milano.
La totale ignoranza della lingua inglese mi portò, immediatamente,
a interpretare le canzoni dei principali complessi italiani, i
Camaleonti, i Dik Dik, l’Equipe 84, i Giganti. Subito dopo, sfasciati
due o tre complessi per il mio maledetto carattere anarchico e zingaresco,
iniziai a interpretare i cantautori, primo fra tutti Fabrizio De Andrè.
Quante notti sulla spiaggia, quanti fuochi, quante bottiglie di
vino e poi, finalmente un palcoscenico, microfoni, riflettori e... il
pubblico.
Naturalmente facevo tutto ciò solo e unicamente per passione:
"vendere non passava tra i miei rischi", per fare una dotta citazione.
Poi l’illusione è finita, senza rimpianti.
L’altra sera però ho sentito due citazioni tratte da interviste di Fabrizio De Andrè.
Una diceva: “ Una sera Luigi Tenco mi becca in una balera di Genova e mi dice minaccioso:
E’ vero che ti vanti di aver scritto le mie canzoni? E io: Si ma lo faccio solo per portarmi a letto le ragazze.” Mamma mia, a quante ragazzine ho fatto sentire canzoni di De Andrè spacciandole per mie!
La seconda citazione riguarda George Brassens e dice: “Se non fosse esistito George Brassens forse avrei scritto lo stesso canzoni, ma non avrei mai pensato le cose che penso”.
Potrei averla detta io. Naturalmente riguardo a Fabrizio.
Fabrizio rimane per me, più che l'artista che tutti apprezziamo, un uomo di pensiero, di pensiero "forte" in tempi sempre più bui. Nel crollo verticale dell'etica, nel degrado irreversibile della società italiana, le parole di Fabrizio, restano le poche, forse le uniche, a infondere coraggio a chi vive controvento e rivendica un'intelligenza che è sempre meno moneta corrente.

 
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postato da  Claudio Maffei alle  16:18 | commenti presenti [0]


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