15 Feb 2010
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Ma sappiamo davvero dove stiamo andando? | |
“Siamo nell'era dell'homo zappiens”, recitava un articolo apparso qualche tempo fa sul Corriere della Sera. I ragazzi “nati digitali” sviluppano abilità intellettuali e biologiche diverse da quelle dei propri genitori. Le tecnologie ricablano il cervello umano e disegnano un'altra specie.
Il capo di Google, Eric Schmidt, è affascinato dalla brillantezza e dalle capacità dei ragazzi della Web Generation. Tuttavia, lo stesso Schmidt finisce con l'affermare che gli stessi giovani talentati leggono di meno e ciò finirà per incidere sui loro meccanismi di apprendimento. In realtà, neuroscienziati e studiosi della Rete stanno cercando di misurare l'impatto che le tecnologie digitali hanno sulla mente umana. Il termine zappiens, citato nell'articolo, allude all'abitudine acquisita di saltare da un argomento all'altro col telecomando o col click di un mouse. I giovani infatti si destreggiano nell'utilizzare i motori di ricerca e sono abilissimi nell'uso del copia e incolla, inoltre sono sempre più capaci di agire in multitasking. Queste diverse abilità sono già monitorabili attraverso la risonanza magnetica , che evidenzia lievi modificazioni della corteccia cerebrale nei lobi frontali. Le nuove generazioni condividono, nei social network, filmati, musica, immagini, le loro foto, ma anche i loro sentimenti e le loro emozioni, e spesso li si accusa di coltivare relazioni alienanti, in quanto virtuali. Una cosa è certa. La scuola è molto distante dal mondo giovanile, continua a usare un approccio alla conoscenza che nulla ha a che fare col cambiamento in atto. Impiega un metodo analitico e sequenziale, laddove la comunicazione di oggi ricorre sempre di più a schemi e principi diametralmente opposti. Anche il filosofo Umberto Galimberti sostiene che nessuna riforma sarà in grado di migliorare autenticamente il nostro sistema scolastico, se non si terrà conto della rapida trasformazione che si sta verificando. Inoltre, il cambiamento, che è comune ad ogni epoca, ha finora seguito ritmi più lenti, mentre adesso viaggia a una velocità ben più elevata rispetto a qualche decennio fa. Colpa o merito del progresso tecnologico. La storia umana ha vissuto tre fasi importanti, come illustrato nel bellissimo libro di Raffaele Simone, “La terza fase. Forme di sapere che stiamo perdendo”. La prima fase coincise con l'invenzione della scrittura, che permise di dare stabilità alle conoscenze, le quali costituiscono un patrimonio fragile, delicato, sempre esposto al rischio di perdersi. Venti secoli più tardi, la stampa permise la nascita del libro, un bene a costo relativamente basso e alla portata di tutti e, negli ultimi trent'anni, siamo entrati nella terza fase, dove le cose che sappiamo, dalle più elementari alle più complesse, le dobbiamo principalmente al fatto di averle viste in televisione, al cinema, sul nostro computer. Galimberti la definisce “rivoluzione dell'homo videns”. Oggi, la scuola, che segue schemi e metodi del passato, è sempre meno attrattiva per gli studenti. Non è più il luogo dove si movimenta la conoscenza, ma quello in cui alcune conoscenze si sedimentano e staticizzano. Si rivolge ad una intelligenza di tipo sequenziale, la stessa su cui poggia quasi tutto il patrimonio di conoscenze dell'uomo occidentale. Le nuove generazioni, al contrario, fanno sempre più uso dell'intelligenza simultanea , più consona all'immagine che all'alfabeto. In una intervista a Donatella Palazzoli, responsabile della formazione e del placement all'Accademia di Comunicazione di Milano, si legge che le professioni della comunicazione, tanto ambite oggi fra i giovani, in realtà sono fra le meno conosciute. Non tutti sanno, infatti, quale impegno richiedano nella pratica, quanti siano gli ostacoli e quante le difficoltà. Del resto, l'Università, in Italia, non prepara al lavoro, ma fornisce piuttosto un'ampia base culturale. Così, quando un giovane si laurea, crede di essere pronto per la professione ma, in realtà, non è così. D'altra parte, le aziende e le agenzie di comunicazione, ma non solo, richiedono sempre di più giovani competenti, operativi da subito. Una riflessione che imporrebbe un radicale ripensamento dell'intero sistema educativo nel nostro Paese. William Halal, professore di Management alla George Washington University, nell'intervista intitolata “La conoscenza: risorsa infinita per ricreare il mondo”, già nel 1998, preannunciava un importante cambiamento per i prossimi decenni. La popolazione - diceva - nel 2020, è destinata ad aumentare incredibilmente e, con l'aumento della popolazione, aumenterà anche lo spettro dei problemi con cui ci dovremo confrontare. Molti pensano che il progresso tecnologico finirà per snaturarci, per renderci sempre più simili a robot alienati. Così facendo, prospettano scenari fantascientifici di decadenza della razza umana. Viceversa, ciò che sembra più probabile è un utilizzo sempre più esteso delle tecnologie, allo scopo di velocizzare ulteriormente le operazioni e le interazioni: un diverso modo di relazionarsi gli uni agli altri, ma non per questo meno efficace, non meno reale. Al di là delle previsioni catastrofiche di chi si ostina a frenare qualunque tipo di cambiamento, Halal prevede un'opportunità, nel futuro, per accedere più facilmente all'informazione e per superare le barriere concettuali che si oppongono allo sviluppo. Ci saranno importanti mutamenti nelle organizzazioni e tali mutamenti richiederanno maggiore impegno, maggiore consapevolezza e un più forte senso di responsabilità. L'umanità dovrà dimostrarsi all'altezza della situazione, dovrà essere capace, cioè, di raccogliere la sfida e sforzarsi di creare una civiltà planetaria matura, che funzioni. |
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postato da Claudio Maffei alle 10:09 | commenti presenti [1] |
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postato da paola lovisolo (cara polvere) [ http://visionediduedraghi.splinder.com/ ] | 24 Feb 2010 alle 16:19 |
capito qui dopo avere cercato su google "nomen numen" e trovando tra queste pagine virtuali un articolo sulla comunicazione sull' evocazione magica delle parole... e faccio davvero i miei complimenti per questo spazio a rileggersi paola |
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