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15 Mag 2007
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Modelli limitanti
Commemorando Paul Watzlawick, su questo blog, il 10 aprile scrissi “ognuno di noi costruisce ciò che poi subisce”. Un lettore, Luigi Poderico, mi scrive: sarebbe affascinante approfondire questo concetto, a che cosa si riferisce precisamente? E’ il subisce che mi lascia perplesso, perché l’uso di un termine negativo?
Allora spiegai che il mio approccio è più bio-chimico che psicologico. I pensieri che facciamo influiscono sulle sensazioni che proviamo, che a loro volta agiscono sulla chimica del nostro cervello e del nostro corpo. Ci rinchiudiamo all’interno dei limiti della nostra stessa mente, limiti che sono costituiti dalle nostre convinzioni, dai nostri pensieri e dalle nostre sensazioni.
Torno oggi da Zurigo dove ho trascorso cinque giorni intensissimi con Richard Bandler e butto giù queste riflessioni a caldo, per approfondire l’argomento.
Gli schizofrenici hanno un modello del mondo molto piccolo e si arrabbiano se le persone non si adeguano al loro modello del mondo.
E’ strano ma molte persone pensano che sia più importante avere ragione che essere felici.
Questo è pazzesco! L’unica cosa importante è essere in grado di uscire dal proprio modello del mondo. Quando diamo eccessivo potere alle nostre convinzioni queste convinzioni possono farci soffrire.
Le persone metodiche sono le più esposte alla sofferenza.
Bisogna smetterla una volta per tutte di stare dentro alle nostre convinzioni negative. Un modo ideale è ridere delle cose che ci fanno star male. Ma chi sa veramente usare l’autoironia?
I peggiori in questo senso sono i “precisini” e i “capi”.Queste persone sono troppo analitiche, vogliono avere il controllo di tutto e così stanno male. I grandi capi delle multinazionali mi chiamano per farli lavorare meglio e, poi, mi dicono cosa devo fare con loro, perché sono abituati a comandare.
Anche gli insegnanti, spesso, sono troppo impegnati a dare i voti alle persone e si dimenticano di insegnare loro nuove possibilità.
I medici come gli insegnanti sono troppo impegnati a fare delle diagnosi, a dare dei nomi alle cose che affliggono le persone, per poi dar loro delle medicine.
Hai questo…zac…devi prendere questo.
Gli psicologi invece pensano che gli uomini siano molto complicati. Invece sono mooolto semplici!
La necessità spesso è la madre della capacità e della creatività. Ogni giorno incontro persone che mi dicono: cosa pagherei per parlare bene l’inglese! In Brasile, a Salvador de Bahia, ho incontrato un bambino che sapeva cinque lingue e gli ho chiesto: Come le hai imparate? Mi ha risposto le ho imparate per chiedere soldi! Semplice no?
Richard Bandler insegna alle persone a essere “libere”. Il contrario di essere “libero” non è essere “prigioniero” ma è essere “ostinato”. Le persone ostinate sono come gli schizofrenici.
Tutto, anche loro stessi, deve funzionare secondo la loro mappa del mondo.
Einstein ha cambiato le leggi dell’universo perché quando era bambino e a scuola gli dicevano: “queste sono le regole dell’universo”, lui diceva: bah… può darsi ma… non ci credo!
Quando una persona è diversa bisogna insegnargli le cose in modo diverso, la cosa peggiore è etichettare le persone. Etichettare è fare una diagnosi. Nessuno è qualcosa. Perché “è” è statico, e così non puoi cambiarlo. E’ paranoico, è schizofrenico.
Bisogna dimenticare le regole. I modelli limitanti. Provare cose nuove è forse la cosa più bella che possiamo fare. Ma le nostre convinzioni spesso ci impediscono di farlo.
Il fatto che uno provi paura anche solo immaginando di trovarsi di fronte a un serpente significa che la paura non ha nulla a che vedere con il serpente, ma sta solo nel cervello della persona.
Le nostre convinzioni limitanti ci mettono addosso un sacco di stupide paure che diventano vere e proprie catene che ci rendono prigionieri. Le uniche paure “naturali” sono la paura di cadere (del vuoto) e quella dei rumori forti. Tutte le altre ci sono state indotte e sono solo nella nostra mappa o modello del mondo.
 
Generale
postato da  claudio maffei alle  14:58 | commenti presenti [1]


COMMENTO BLOG


postato da   Luigi Poderico  [ http://zenartemanutenzionemotocicletta.blogspot.com/ ] 15 Mag 2007 alle 23:31
Molto tempo fa lessi un libro di Vincenzo Iannone intitolato "L'isola uomo".
Un ragionamento molto semplice e al tempo stesso sconcertante sulla paura di morire (a proposito di paure naturali).
Secondo l'autore, la paura di morire nasce dalla consapevolezza di immortalità dell'Essere Umano che contrasta con il senso di discontinuità che la morte induce.

In altre parole la paura di morire sarebbe la prima prova della nostra immortalità.

 




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