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9 Giu 2009
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La mappa non è il territorio
Racconta Frank Koch in Proceedings, la rivista del Naval Institute.
Due navi da guerra assegnate alla squadra istruttrice erano state per parecchi giorni al largo con tempo di burrasca per le manovre. Io prestavo servizio sulla nave di comando e al calar della notte ero di quarto sul ponte. La visibilità era scarsa, con banchi di nebbia, e così il capitano rimase sul ponte sorvegliando le varie attività dell’equipaggio.
Poco dopo l’imbrunire, l’uomo di vedetta sul ponte annunciò:
“Luce a tribordo!”
“E’ ferma o si allontana?” gridò il capitano.
“E’ ferma capitano,” rispose la vedetta. Questo significava che eravamo su una pericolosa rotta di collisione con quella nave.
Allora il capitano ordinò al segnalatore: “Segnala a quella nave: siamo in rotta di collisione, vi consiglio di correggere la rotta di 20 gradi.”
Giunse di rimando questa segnalazione: “E’ consigliabile che siate voi a correggere la rotta di 20 gradi.”
Il capitano disse: “Trasmetti: io sono un capitano, correggete la rotta di 20 gradi.”
“Io sono un marinaio di seconda classe,” fu la risposta. “Fareste meglio a correggere la rotta di 20 gradi.”
Adesso il capitano era furente. “Trasmetti,” abbaiò “sono una nave da guerra: correggete la rotta di 20 gradi.”
Rispose la luce lampeggiante: “Io sono un faro.”
Cambiammo rotta.
Ogni nostro comportamento, anche il più elementare, è sorretto da una convinzione. Ed è in base alle nostre convinzioni che strutturiamo il nostro sistema di pensiero ed anche il nostro carattere. Tutto ciò avviene per lo più nella nostra infanzia.
Che cos’è una convinzione?
Lo spiego con un esempio: quando il bambino si scotta col ferro da stiro quell’esperienza costruisce nella sua mente la convinzione che “toccando il ferro da stiro mi scotterò” e la generalizzazione “tutti i ferri da stiro scottano sempre”.
Se il bambino non terrà in considerazione altre informazioni – la presa di corrente è innestata; il calore si concentra sulla piastra e non sul manico; esistono ferri da stiro giocattolo; esistono vecchi ferri da stiro usati come portafiori… - probabilmente non toccherà mai più un ferro da stiro.
Dunque, diciamo che la formazione della convinzione ha a che vedere con l’esperienza che abbiamo fatto, e come dicevo prima sono le prime esperienze a strutturare le convinzioni che poi ci guideranno per il resto dei nostri giorni.
Vediamo un altro esempio:
Si racconta che per tenere legato un elefante sia sufficiente un piccolo palo e una fune.
Quando l’elefante era cucciolo, legato ad un palo delle medesime dimensioni, non aveva la forza di liberarsi. Nel tempo lui ha elaborato la convinzione di non essere mai in grado di poter divellere quel palo. Così, quando sarà adulto, quello stesso piccolo palo terrà l’elefante efficacemente legato.
Noi funzioniamo pressappoco allo stesso modo: a partire dall’esperienza costruiamo la convinzione, sulla base della quale adottiamo un comportamento. Ma le convinzioni sono molte, moltissime, e i relativi comportamenti anche.
Non tutte le convinzioni sono utili, però. Alcune sono limitanti. Sono quelle che nella vita ci fanno perdere. I nostri insuccessi scaturiscono proprio da convinzioni limitanti.
Cosa vuol dire convinzione limitante? Lo abbiamo visto con l’esempio dell’elefante. Altro esempio: si è convinti di non valere, e invece valiamo molto di più di quanto crediamo. Oppure, crediamo di essere dei numero uno, invece siamo delle povere creature. Spesso sono le convinzioni su noi stessi che ci limitano.
Le convinzioni, che nascono sulla base di bisogni da soddisfare, generano comportamenti, molti dei quali anche verso altre persone. I risultati determinano il successo o l’insuccesso di quel dato comportamento, dunque, se le convinzioni agenti sono costruttive o limitanti.
E poiché siamo ripetitivi come l’elefante dell’esempio, i comportamenti diventano abitudini, e l’abitudine scaturisce dal nostro cervello in modo automatico, diventa comportamento inconscio, per cui se quel dato comportamento o convinzione produce danni, non ce ne rendiamo conto se non col senno di poi.
La stessa comunicazione ne sarà influenzata, poiché il linguaggio struttura il nostro sistema di pensiero. Infatti, con un po’ di osservazione, si può capire come una persona pensa da come proferisce le sue frasi e le parole che usa.
Attraverso il proprio sistema di convinzioni la persona costruisce la propria mappa con la quale seguire il tracciato della sua vita. La mappa è il modo in cui noi vediamo il mondo.
Ogni nostro comportamento è diretto a soddisfare un bisogno, che può essere materiale o spirituale. Al bisogno è legata una carica emotiva. La carica emotiva è più o meno forte in base al significato che la mia convinzione ha attribuito a quel bisogno. Per esempio, se durante la mia infanzia, a causa delle condizioni modeste della mia famiglia, ho patito la fame, oppure la mamma, memore di un’infanzia vissuta all’insegna della penuria, mi ha sempre indotto a mangiare oltre misura e in modo sistematico, costruirò la convinzione che è importante mangiare tutto e di più, perché non so se lo potrò fare domani. Il risultato è l’obesità.
“La mappa”, dunque, “non è il territorio”. È soltanto una spiegazione di certi aspetti del territorio.
Noi interpretiamo tutto quello che percepiamo attraverso queste mappe mentali. Di rado mettiamo in questione la loro precisione. Di solito non siamo neppure consapevoli di averle. Semplicemente presumiamo che il modo in cui vediamo le cose sia il modo in cui esse sono realmente. E i nostri atteggiamenti e comportamenti scaturiscono da queste congetture. Il modo in cui vediamo la realtà rispecchia il nostro modo di pensare e il nostro modo di agire.
 
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postato da  Claudio Maffei alle  18:49 | commenti presenti [0]


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