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2 Apr 2013
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Come trasformare ansia, paura e stress in coraggio e resilienza
Il blocco a parlare in pubblico
Una donna manager sulla quarantina, bella e affascinante, professionalmente molto preparata e di successo, chiede un appuntamento con urgenza.
La ricevo il giorno dopo la sua chiamata, come di solito faccio per le urgenze; mi presenta il problema che in questo momento rischia di mandarle a monte tutta la vita professionale. Da qualche mese ha maturato il terrore di parlare in pubblico, tanto che ha evitato di farlo nelle ultime settimane, lei che fino ad allora aveva impavidamente affrontato convention con centinaia di manager, lei che da anni si occupa della formazione e supervisione di molti grandi dirigenti della sua azienda.
Nel descrivere il problema, espone la sua paura di bloccarsi durante una relazione ai suoi colleghi, motivandola col fatto che negli ultimi tempi la sua ansietà è spaventosamente aumentata e produce tutta una serie di somatizzazioni, come tachicardia, respiro affannoso, sudorazione, ecc., che le fanno temere il peggio.
Il tutto è cominciato quando lei, durante una delle tante convention manageriali alle quali era spesso chiamata in veste di oratore, assistette all’episodio di un collega che fu costretto a interrompere la sua relazione a causa di una forte crisi d’ansia.
Da allora aveva iniziato ad avere il terrore che le potesse accadere la stessa cosa e di conseguenza a ciò aveva progressivamente incrementato la sua tendenza a controllare le proprie reazioni, cadendo così nella trappola della profezia che si autorealizza.
Chiunque, infatti, si metta a voler controllare le proprie funzioni fisiologiche, finisce per alterarle proprio mediante il tentativo di controllarle.
Pertanto la giovane manager si era letteralmente costruita la trappola nella quale era, poi, entrata e dalla quale non sapeva più uscire.
In questi casi, quindi, si deve spostare l’attenzione del soggetto durante la sua perfomance, un po’ come per i pazienti fobici e ossessivi, dal controllo di sé a qualche altro fenomeno.
Alla donna venne ingiunta la seguente “semplice” prescrizione:
“Alle prossime sue uscite in pubblico, intendo quando lei si troverà a presentare una delle sue relazioni a una convention di manager, esegua quello che ora le chiedo.
Cerchi nell’ora prima della sua presentazione di portare alla sua mente tutte le peggiori possibili fantasie che riesce, concentri in questa prima ora tutta la sua ansia, così ne avrà molta meno dopo. Poi al momento di parlare dichiari prima di tutto: “Cari colleghi, vi prego di scusarmi in anticipo se durante questa mia presentazione potrà capitare che io arrossisca, cominci a sudare o perda il filo del discorso, perché, sapete, ultimamente non mi sento troppo bene”, dopo di che vada avanti con la sua relazione”.
La manager reagì dicendo che così le chiedevo di fare comunque una figuraccia, ma io le risposi che, invece, avrebbe potuto avere qualche simpatica sorpresa che, però, non potevo anticiparle.
Rividi la paziente dopo due settimane, ma avevo già ricevuto una sua telefonata di ringraziamento qualche giorno dopo la nostra seduta, nella quale riferì che le cose erano andate benissimo.
Ella aveva messo in pratica alla lettera tutto ciò che le avevo chiesto e ciò l’aveva condotta ad affrontare egregiamente e senza alcuna ansia la sua prova. Ciò che l’aveva francamente sorpresa era che, dopo la sua presentazione, alcuni prestigiosi colleghi si erano complimentati con lei per lo stratagemma retorico utilizzato all’inizio della sua relazione per predisporre bene l’uditorio nei suoi confronti.
La fragilità dichiarata, infatti, cessa di essere tale e diviene punto di forza.

Giorgio Nardone
 
Generale
postato da  Claudio Maffei alle  16:33 | commenti presenti [0]


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